L'Editoriale

Censura democratica

Censura democratica

Dai putiniani d’Italia – ricordate la lista di proscrizione del Corriere della Sera del 5 giugno 2022 a pochi mesi dall’invasione dell’Ucraina? – a quelli d’Europa è un attimo. Ma stavolta a finire all’indice non sono solo le idee. Nel mirino della commissione Ue (leggi Ursula bomb der Leyen) finiscono persino gli atti politici sgraditi a nostra signora del riarmo.

Vedi la mozione di sfiducia del rumeno Piperea. Secondo un portavoce di Bruxelles dietro l’iniziativa – peraltro fallita – di censurare la condotta della presidente della Commissione Ue ci sarebbe il Cremlino. Grasse risate dalla Russia e accuse respinte al mittente dal firmatario della mozione: “Nessuno mi obbliga a fare qualcosa, tranne la mia mente e il mio cuore. E poi, non sono amico di Putin. È un dittatore. E a me non piacciono le dittature. Mi piace la libertà – ha detto al Corsera Piperea -. Sapete chi sono gli amici di Putin? Quelle persone che in passato hanno fatto buoni affari e alleanze con lui: Merkel e Schroeder. E anche Macron”.

Il capodelegazione di Fratelli d’Italia (che non ha partecipato al voto di sfiducia) a Strasburgo e co-presidente dell’Ecr (cioè lo stesso gruppo di Piperea), fa notare invece come “la macchina della propaganda di Putin abbia cavalcato molto la mozione sui social”. Un fatto che però non prova che il Cremlino ne sia stato il regista. L’obiettivo del nuovo fronte complottista di matrice russofobica è comunque raggiunto: d’ora in poi chiunque si azzardasse a chiedere la sfiducia di von der Leyen dovrà fare i conti con l’accusa di putinismo.

Intanto in Italia è andata a segno la crociata contro il maestro Gergiev, accusato di essere lo spartito vivente del regime russo: il concerto che avrebbe dovuto dirigere alla Reggia di Caserta è stato annullato. Tra le prime ad esultare, la vice presidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, in prima linea da giorni a cannoneggiare l’evento culturale: ”Abbiamo spiegato, lottato, ci abbiamo creduto e abbiamo vinto!”. Sempre che si possa parlare di vittoria quando, nella battaglia delle idee, una democrazia finisce per impugnare la stessa arma delle dittature. Ossia, quella della censura.