L'Editoriale

Chi gode a far fuori Conte

Chi gode a far fuori Conte

Ha dovuto prendere il numeretto e mettersi in fila il senatore Marcucci (sedicente del Pd, ma potrebbe sbagliarsi con Italia Viva) per ipotizzare un nuovo Governo senza più Conte. Allo stesso progetto lavorano da tempo Renzi, più di qualche capobastone dem rimasto coraggiosamente nascosto, buona parte dei giornali in mano ai grandi gruppi economici, con i loro trombettieri onnipresenti pure in tv, e le destre che non vogliono evaporare alle elezioni, dove gli assi pigliatutto saranno solo Salvini e la Meloni.

Il motivo di questa crisi non è quindi la Giustizia, o l’efficienza di qualche ministro, o chissà quale altro pretesto, ma il premier a cui l’hanno giurata essenzialmente per quello che rappresenta: un parvenu estraneo al circoletto dei partiti, espresso da quei Cinque Stelle che sono più parvenu di lui, ancora convinti di poter destinare i soldi del Recovery Fund alle opere che servono al Paese e non alla mangiatoia dei soliti noti, con i soliti sprechi e i soliti arraffoni, che per i trojan di Bonafede non riescono più a dormire sonni tranquilli.

Per averne la prova di questo fuoco incrociato contro il presidente del Consiglio, da ieri dimissionario, basta fare una semplice domanda: che gravi errori ha fatto Giuseppi per meritare tanto accanimento? Ha usato troppi Dpcm? Ha ottenuto pochi miliardi dall’Europa? Non ha ricoperto l’incarico con dignità e onore? Ecco, sentire i balbettii dei seguaci di chi può essere ricordato per i Gigli magici degli affari all’ombra di Palazzo Chigi o per i Bunga Bunga fa sinceramente ridere.

Dunque non ha giustificazione, anche tra qualche Cinque Stelle più spaventato dalle elezioni, cedere alle pressioni politiche e mediatiche di chi si inventa ogni giorno qualcosa per togliere Conte di mezzo, proponendo al suo posto ora Di Maio, ora Patuanelli, ma anche Mazinga e Barbapapà, purché il professore sloggi e da quel momento in poi cominci l’ultima cottura a fuoco lento del Movimento, quell’anomalia della politica italiana che i pupari della Prima Repubblica e i loro apprendisti stregoni non potranno mai digerire.