L'Editoriale

Chiuso per farsa

Chiuso per farsa

Chiuso per farsa

Finisce con i ministri Nordio e Piantedosi che non si presentano alla Camera dove erano attesi per rispondere al question time. E con la premier che rifiuta l’invito delle opposizioni a recarsi in Parlamento a riferire sul caso Almasri. Sembra passato un secolo da quando, dai banchi dell’opposizione, Meloni gridava allo scandalo del Parlamento umiliato dal governo.

Ma ora che al governo c’è lei, la premier ha pensato bene di liquidare con un video sui suoi social l’indagine a suo carico (in compagnia dei ministri Nordio, Piantedosi e del sottosegretario Mantovano) per la discutibile gestione del caso del capo della polizia giudiziaria libica, il torturatore inseguito dalla Corte penale internazionale per una sfilza di crimini brutali, arrestato in Italia per poi essere scarcerato e rispedito in patria con un Falcon dei Servizi italiani.

Un post nel quale, senza contraddittorio, Meloni ha trasformato l’atto dovuto notificatole dalla Procura di Roma (a seguito della denuncia presentata dall’ex parlamentare Li Gotti), peraltro necessario per trasferire il fascicolo al Tribunale dei ministri competente e consentire a lei e ai suoi colleghi di governo di esercitare il diritto di difesa, in un’arringa contro la magistratura. Come se il consenso popolare di cui gode la sottraesse, insieme al resto del governo, dal principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.

Sarà forse per evitare che dai banchi dell’opposizione qualcuno le ricordasse l’assunto costituzionale, rovinandole la narrazione vittimistica confezionata per l’opinione pubblica con l’ennesimo videomessaggio, che la premier ha preferito sottrarsi. E dopo le rimostranze delle opposizioni, le capigruppo di Camera e Senato hanno deciso di sospendere l’attività fino alla prossima settimana. Quando magari le acque si saranno calmate e i riflettori mediatici avranno trovato un altro obiettivo su cui puntare.

Ma lo stop ai lavori parlamentari, non ci ha privato dell’ultimo sussulto della giornata: la figuraccia del ministro della Cultura Giuli che, in diretta da Montecitorio, promuoveva il comune di Spoleto a capoluogo di provincia. Prima dei titoli di coda, sulla chiusura per farsa delle Camere.