L'Editoriale

Con la Meloni è finita la pacchia, ma non si sa bene per chi

Armi a Kiev, guerra ai poveri, conflitti di interessi (non solo di Berlusconi): con la Meloni è finita la pacchia, ma non si sa bene per chi

Non aveva ancora vinto le elezioni, che Giorgia Meloni si sentiva il successo già in tasca. Il 12 settembre scorso a meno di due settimane dal voto che l’avrebbe portata – prima donna nella storia della Repubblica italiana – a Palazzo Chigi, la futura premier arringava la folla a Milano tuonando contro Bruxelles: “Dicono che in Europa siano preoccupati dalla Meloni. Che succederà? E che succederà! Che è finita la pacchia, succederà che anche l’Italia si metterà a difendere i suoi interessi nazionali”. Bene, brava, bis!

Fine guerra mai

Cosa intendesse con “interessi nazionali”, però, ad oltre un mese dalle elezioni non è ancora ben chiaro. Se d’altra parte l’emergenza era e resta il caro-bollette, con un’inflazione che sfiora il 12% e milioni di italiani alla canna del gas, non si capisce come il giuramento di fedeltà ad Usa e Nato (peraltro in piena sintonia con l’Unione europea) con tanto di impegno a garantire nuove forniture militari a Kiev e a sostenere sanzioni sempre più pesanti a Mosca, abbia a che vedere con gli “interessi nazionali”. Più a lungo durerà la guerra, più salato sarà il conto a carico degli italiani.

Gioco delle tre carte

Certo, il governo promette di intervenire per calmierare i costi delle bollette che hanno ormai superato i limiti della decenza, già con la prossima manovra. In pratica, da una parte sta contribuendo a far schizzare alle stelle i prezzi di gas e luce armando (per miliardi di euro) l’Ucraina e procrastinando il conflitto; dall’altra sta raschiando il fondo del barile del bilancio pubblico nel tentativo di tagliuzzare le tariffe energetiche. Magari a spese dei poveri, ridimensionando se non eliminando il Reddito di cittadinanza. Per la serie, vi riduciamo le bollette ma vi togliamo il piatto in tavola.

Interessi nazionali e conflitti d’interessi

Ma non è tutto. Resta il dubbio che per “interessi nazionali” questo governo intendesse in realtà quelli privati di Silvio Berlusconi, che proprio oggi, dopo settimane di tira e molla, ha ottenuto la nomina di due fedelissimi alla carica di viceministro alla Giustizia e allo Sviluppo economico (competente per le frequenze televisive, ça va sans dire). Come forte è il sospetto che non guardasse così accoratamente agli “interessi nazionali” mentre chiudeva un occhio sui conflitti di interessi di alcuni suoi componenti soprassedendo sulla questione della loro adeguatezza a rivestire il ruolo al quale sono stati chiamati.

È finita, ma per chi?

Staremo a vedere. Ma se come dice Giorgia Meloni, “è finita la pacchia”, viste le premesse è davvero difficile dire per chi la pacchia sia davvero finita. Sempre che non ce l’avesse con i soliti italiani che, del resto, la pacchia non l’hanno vista mai neppure cominciare.

 

A firma di Antonio Pitoni