In cento giorni di governo, la Meloni non ha fatto solo retromarce clamorose, tipo il Mes, il Pos, le accise, le sparate di Nordio sulle intercettazioni, i balneari, il blocco navale, i rave, lo stop alle mascherine negli ospedali e fermiamoci qui per carità di Patria.
Ci sono impegni, infatti, su cui non ha potuto sbagliare, per il semplice motivo che non si è mossa affatto. Anche qui l’elenco è lungo, ma concentriamoci su quello che è stato uno dei suoi cavalli di battaglia elettorali: l’abolizione del Reddito di cittadinanza.
L’aiuto ai poveri, che doveva sparire al primo Consiglio dei ministri, vista l’incessante retorica sull’inutile sussidio ai fannulloni, è rimasto fino a luglio perché nel frattempo deve partire la formazione dei cosiddetti “occupabili” e va stabilito come riconoscere chi ha veramente bisogno e chi sono invece i ladroni che gozzovigliavano a spese dei contribuenti.
Finito gennaio, di questi corsi professionali e di tutto il resto non c’è traccia. E non illuda che luglio è ancora lontano, perché un sistema tanto complesso non si organizza in pochi mesi, soprattutto dopo che i governatori regionali di destra e di sinistra hanno fatto di tutto per non far decollare i Centri per l’impiego.
Così il governo sta seduto su una bomba a orologeria, che dopo l’estate non potrà non scoppiare per l’enorme disagio sociale. E a quel punto potrà prendersela con le opposizioni o con chi vuole, mentre la responsabilità sarà di una politica sbagliata sulla povertà e su un imperdonabile immobilismo che lascia al suo destino l’Italia che non ce la fa.