Alzi la mano chi aveva sentito mai parlare di modello Treviso. Si tratta – per tutti quelli che ancora non lo sanno – del sistema messo in piedi vent’anni fa nella provincia veneta per liberarsi dai rifiuti. Senza bisogno di termovalorizzatori dalle dubbie ricadute su inquinamento e salute, nel trevigiano smaltiscono il 100% della spazzatura prodotta e i cittadini pagano la metà rispetto alla media nazionale, comprese le zone dove i rifiuti non si sa più dove metterli. Come ci sono riusciti? Facendo quattro cose che possiamo fare tutti: 1) abituando i residenti a fare la raccolta differenziata attraverso continue campagne di sensibilizzazione; 2) applicando sconti immediatamente percepibili; 3) investendo in un impianto pubblico che trasforma la frazione secca e non riciclabile in combustibile da rifiuto; 4) chiudendo tutte le discariche. Ci abitano i marziani a Treviso? No che non ci stanno, e se questo modello si è riuscito a far diventare realtà allora vuol dire che l’obiettivo di una completa economia circolare, dove vincono la cultura del riciclo e della sostenibilità ambientale, è possibile. Per questo ieri i leader di M5S e Lega messi faccia a faccia con il premier e il ministro Costa hanno tratto l’unica conclusione logica possibile, e hanno firmato il protocollo sulla terra dei fuochi, dove si affronteranno le emergenze senza buttare centinaia di milioni negli inceneritori che tra qualche anno non avranno nulla da bruciare, a meno di continuare a tollerare che tutti si continui buttare ogni cosa indistintamente in pattumiera, facendo finta che il problema non esista.
L'Editoriale
Cosa insegna Treviso sui rifiuti
Alzi la mano chi aveva sentito mai parlare di modello Treviso