Sarà che i Parlamenti un giorno non serviranno a niente, come immagina visionariamente Casaleggio jr. Oppure che la tecno-ideologia non prevarrà, per i motivi che spiega brillantemente Ezio Mauro. Ma oggi la democrazia ha luoghi e rituali che sanno di vetusto, di lento e inefficace. Nell’epoca della comunicazione istantanea, seppure in un Paese come il nostro, con un digital divide da terzo mondo e le connessioni alla rete che fanno smadonnare anche al centro di Roma, i provvedimenti incardinati per settimane tra Aule e commissioni sembrano minuetti di un’epoca lontana. Allo stesso modo, le forme del politicamente corretto e della diplomazia tra establishment appaiono come inganni che solo le forze nuove, popolari e di rottura possono smascherare e ribaltare a favore dei cittadini. Una sensazione che evidentemente deve avere qualcosa di concreto se solo guardiamo a cosa è riuscito a fare in poco più di un mese il Governo Conte sostenuto da M5S e Lega. L’Europa non considera quella dei migranti un’emergenza? Palazzo Chigi blocca il vertice dei premier, i porti e l’ipocrisia delle cancellerie Ue, fin quando ci si inizia a condividere gli immigrati. L’Ilva pagata miliardi con i soldi degli italiani è prenotata per due soldi da una cordata estera? Di Maio minaccia di azzerare la gara e l’acquirente alza il prezzo. L’Alitalia deve essere svenduta ai soliti compagnucci europei perché lo Stato non può intervenire per trasformarla? Battiamo i pugni e Bruxelles autorizza a non farci sfilare la compagnia. E ci fermiamo qui per mancanza di spazio. Per le opposizioni un bilancio fatto solo di annunci. Per un numero sempre crescente di elettori – a sentire l’aria che tira oltre ai sondaggi – si è fatto invece di più in 50 giorni che in cinque anni. Anche sei, aggiungiamo noi pensando al Governo di quell’epoca con Monti e la Fornero spietati esecutori delle politiche economiche più punitive e recessive che questo Paese abbia mai subito. Politiche imposte da un’Europa che non ha mai risposto di questo. E che adesso per la prima volta vede un’Italia orgogliosa di se stessa, indebitata da paura e con tutti i problemi che sappiamo, ma perlomeno non più una pappamolle, con la quale qualche conto bisognerà pur farlo.
L'Editoriale