L'Editoriale

Da Draghi tante balle e poche riforme

Per fortuna che il Superbonus 110% non gli garbava, perché se invece era di suo gradimento Draghi lo avrebbe portato quanto meno al 200%.

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Per fortuna che il Superbonus 110% non gli garbava, perché se invece era di suo gradimento ora Draghi ce l’avrebbe portato quanto meno al 200%. Invece di smontarlo, come sembrava voler fare appena 48ore prima, il premier si è accordato il Consiglio dei ministri per allentare pure i vincoli alla cessione dei crediti fiscali, dietro i quali si erano esercitati gli immancabili geni delle truffe.

E che dire della riforma del catasto, che doveva cambiare un sistema iniquo e inefficiente senza aumentare le tasse? Lo stesso premier confrontandosi con le destre ha ceduto su tutto, tranne che sulle tasse rimaste quelle di sempre solo perché nessun aumento era previsto, al contrario di quanto inventato dalla propaganda sovranista.

Così Salvini & C. oggi possono raccontare di aver sventato chissà quale salasso, prendendo in giro gli elettori com’è nello stile della casa. Dalle novità di ieri sul decreto Aiuti e sulla delega fiscale traiamo però una conferma allarmante: le grandi riforme concordate con l’Europa se va bene saranno dei pannicelli caldi, con i quali possiamo scordarci già da adesso di rimettere in moto il Paese.

Accontentando tutte le richieste, per non perdere per strada pezzi della maggioranza, Palazzo Chigi sta sprecando un’occasione storica, perché è chiaro a tutti che non ci sarà più un altro Recovery Fund con tutti i soldi ottenuti a Bruxelles da Conte.

Tra balle elettorali e minacce pretestuose – quella di Draghi sul Superbonus era una commedia per provare a impaurire i 5 Stelle – si fa tanto rumore per nulla. E il grande ammodernamento del Paese resta una chimera.