Aumenta la disoccupazione e il Governo festeggia. Non è un paradosso, ma esattamente quello che è successo ieri, con tweet trionfalistici e lunghi articoli dei giornali amici, a partire da Repubblica ormai diventato epigono della Pravda. Il tasso di disoccupazione che a marzo era dell’1,4% ad aprile è salito all’1,7%. Nulla di cui preoccuparsi, secondo i ministri Padoan e Poletti, che hanno attribuito questo aumento di chi è senza lavoro ad una parallela diminuzione dei cosiddetti inattivi, cioè di coloro che un lavoro non ce l’hanno e fino a ieri neppure lo cercavano.
Ora è chiaro a tutti che il criterio di individuazione degli inattivi è tipicamente statistico, e un po’ come avviene con il famoso pollo di Trilussa questi disoccupati totalmente sfiduciati fanno gioco per dimostrare una realtà che non c’è. La circostanza che un po’ di disillusi si sarebbero messi a cercare lavoro non comprova infatti che in precedenza non si comportassero ugualmente, magari rinunciano a servirsi dei pressoché inutili centri per l’impiego, visto che una recente ricerca ha dimostrato come un giovane su tre trovi lavoro solo grazie a conoscenze familiari e raccomandazioni. Ci sono pure sempre 215 mila occupati in più rispetto a un anno fa, ha ribadito il Governo, ma si tratta di una goccia in un mare. Anzi, di una goccia nel deserto se si considera che in questo anno ci sono state le politiche espansive della Banca centrale europea, il petrolio ai minimi storici (che ha aiutato non poco le imprese) e soprattutto i forti incentivi alle assunzioni. Fattori interni e soprattutto esterni che avrebbero dovuto dare ben altro impulso all’occupazione. Impulsi che non ci sono stati, nonostante le buone intenzioni del Jobs Act, una riforma che ha pagato sin da subito il poco coraggio con cui è stata affrontata.
A questo va aggiunto però un punto debole che resta la vera zavorra del Paese: la mancanza di fiducia in una ripresa solida e duratura. È inutile fare lunghe analisi su quanto pesi aumentare o ridurre dello zero virgola niente un incentivo piuttosto che un altro. Alle imprese si può promettere la luna ma queste torneranno ad assumere e produrre solo se al loro fiuto tornerà a sentirsi l’odore di una ripartenza della domanda, soprattutto interna, e dei consumi. Diversamente si continuerà a spedirci tweet tanto assurdi quanto ipocriti, celebrando giusto qualche posto di lavoro in più in un Paese dove centinaia di migliaia di persone sono disperate, dove il Sud è abbandonato a un po’ di lavoro nero e allo sfruttamento perpetuo di chi ha bisogno di portare a casa giusto qualcosa per mangiare. Un disastro di fronte al quale certi tweet di Padoan e C. dovrebbero solo fare vergognare.