Le sentenze, per quanto scomode, si rispettano. La Cassazione ha stabilito che il trattenimento delle persone migranti sulla nave Diciotti fu una violazione dei diritti fondamentali. Un atto politico che ha superato il confine della legalità e che ora presenta il conto: il governo italiano dovrà risarcire quelle persone, a dimostrazione che aggirare le leggi costa, in denaro e credibilità.
Nel 2018 l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini decise di tenere bloccate in mare 177 persone, in un braccio di ferro propagandistico che nulla aveva a che fare con la sicurezza nazionale e tutto con la retorica elettorale. Oggi la Suprema Corte ribadisce che la discrezionalità politica non è un lasciapassare per calpestare la Costituzione, che tutela i diritti inviolabili di ogni individuo, migranti compresi. Eppure, invece di riflettere, il governo Meloni attacca i giudici. “Frustrante”, dice la premier. “Vergognoso”, rincara Salvini. Come se la giustizia dovesse piegarsi all’opportunità politica. Parole quelle della premier e del suo vice che hanno costretto la prima presidente della Suprema Corte, Cassano, a replicare al numero uno e due del governo: “Le decisioni della Corte di Cassazione, al pari di quelle degli altri giudici, possono essere oggetto di critica. Sono invece inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto”.
Ma c’è un fatto che resta: chi governa senza conoscere o ignorando i limiti del proprio potere, chi usa le persone come strumenti di propaganda, chi confonde la legge con l’arbitrio, prima o poi paga. Peccato che il conto, come sempre, lo paghino gli italiani.