L'Editoriale

L’esito del voto M5S su Draghi non è una cambiale in bianco

L’esito del voto M5S su Draghi non è una cambiale in bianco

Ieri è stato più divertente del solito leggere sui giornali e sentire in tv un mucchio di esperti del Movimento Cinque Stelle di cui non c’eravamo mai accorti. I nuovi tuttologi fremevano al pensiero che la piattaforma Rousseau bocciasse il Governo di quel sant’uomo di Draghi, e perciò senza capire niente di cosa sono i 5S si indignavano per l’incoscienza tipicamente grillina di riporre le sorti del Paese nelle mani dei pochi (!) militanti che stavano votando. Ovviamente nessuno si è posto il tema di cosa pensino gli elettori della Lega alleata della Le Pen e ora diventata europeista, o di chi ha mandato in Parlamento i deputati e senatori del Pd, per non parlare di quelli che hanno eletto a loro insaputa i transfughi di Italia Viva, da domani tutti insieme appassionatamente, con pure Forza Italia sul carro dell’ex presidente della Banca centrale europea.

Vabbè: l’unica forza politica che chiede alla sua base il consenso alle proprie azioni, anche quando sono controverse e difficili da digerire, è irresponsabile e incapace di leadership, i partiti che invece se ne fottono dei loro elettori e una volta ottenuto il consenso ne dispongono arbitrariamente sono il più fulgido esempio della democrazia. Abituati come sono a queste e a ben peggiori fesserie sul loro conto, nel frattempo gli attivisti M5S decidevano di confermare l’appoggio al Governo chiesto da Grillo, Di Maio, Conte e molti altri per non disperdere le cose fatte finora e ottenere un super ministero della transizione ecologica, attraverso il quale accelerare quelle politiche ambientali che sono il cuore del programma pentastellato.

Un via libera che a maggior ragione per l’esito del voto – 60 a 40 – non significa affatto la firma di una cambiale in bianco, e obbliga il Movimento a fare pelo e contropelo a ogni provvedimento del prossimo Presidente del Consiglio e dei partiti che lo sostengono. Essere responsabili in un momento tanto difficile per l’Italia non significa essere accondiscendenti ai disegni di chi vuole riportare le lancette dell’orologio ai tempi dell’impunità garantita dalla prescrizione, della povera gente abbandonata dallo Stato, senza reti di protezione come il Reddito di cittadinanza. E dei privilegi delle caste economiche e politiche ampiamente ridimensionate da quando il Movimento è arrivato nelle stanze dei bottoni.

Un controllo che sarà più forte ed efficace se Di Battista e i tanti delusi dalla decisione di sostenere Draghi continueranno a giocare con la stessa maglia di sempre, accettando questo passo indietro per farne due avanti. Diversamente potranno anche andarsene, per guardarsi serenamente allo specchio finché, senza il controllo di tutti, i soliti noti non si ruberanno pure questo.