L'Editoriale

Giorgia e il passo del gambero

Quando diceva di essere pronta, prima delle elezioni, la Meloni non ci ha detto per far cosa.

Giorgia e il passo del gambero

Quando diceva di essere pronta, prima delle elezioni, la Meloni non ci ha detto per far cosa. Aveva un programma, è vero, ma a quanto pare non l’aveva neppure letto. Così il suo governo è partito con le iniziative più strane, e resterà nella storia il primo decreto contro i rave party.

Ma a seguire è stato tutto un balletto: togli il pos, rimetti il pos, via le mascherine dagli ospedali e invece lasciale, mai il Mes (che Conte doveva avere già approvato col favore delle tenebre) e… vabbè, passi pure il Mes. Così, dall’Europa che ha finito la pacchia, si è arrivati a una Manovra economica sdraiata su Bruxelles, manco l’avesse fatta Mario Monti.

Perciò ieri l’ultima inversione a U non ha meravigliato nessuno. Dopo aver tolto lo sconto sulle accise della benzina, si è accorta che il prezzo è aumentato, e a quel punto ha cominciato a pestare una pupù dietro l’altra. Prima ha chiamato la Guardia di Finanza per indagare su chi aveva fatto salire i prezzi – dichiarandosi così rea confessa – poi ha accusato i benzinai di speculazione, ignorando che i loro margini sono microscopici.

Di qui la trovata di negare la promessa di togliere le accise, che sta nel suo programma elettorale, e ieri la capitolazione finale: lo sconto sulle accise può tornare. Una gestione da dilettanti, che a Conte – per dire – sarebbe costata migliaia di trasmissioni tv piene di insulti, al punto che in mancanza d’altro gli rinfacciano ancora le vacanze a Cortina.

Ma a Giorgia questo non lo si fa. Tanto, che faccia un passo avanti e due indietro, a ballare sul Titanic siamo noi.

 

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