L'Editoriale

Gli attivisti hanno le idee chiare

Per essere diventato un partito padronale, come dice Di Maio, il Movimento Cinque Stelle di Conte va decisamente a briglia sciolta

Gli attivisti hanno le idee chiare

Per essere diventato un partito padronale, come dice Di Maio, il Movimento Cinque Stelle di Conte va decisamente a briglia sciolta, e per quanto sia stato lo stesso leader a non ritirare i ministri dal Governo – così da non dare altri alibi a Draghi e divagare dall’assenza di risposte all’agenda sociale recapitata da giorni – le mancate dimissioni di Patuanelli, D’Incà e Dadone danno un argomento formidabile a chi accusa i pentastellati di essere indecisi a tutto.

Se a questo aggiungiamo che finiscono un Consiglio nazionale e ne cominciano un altro, come se volessero cambiare idea ogni giorno, ecco che la retorica sugli irresponsabili prende il largo, e ripetuta mille volte su tv e giornali diventa pure convincente. In realtà non c’è persona dotata di onestà intellettuale che non abbia capito chi sta facendo cadere davvero questo governo che, per inciso, non lascerebbe chissà quali rimpianti. Il premier mercoledì scorso ha visto il Decreto aiuti approvato con una larga maggioranza, e mercoledì prossimo quando andrà alle Camere avrà numeri ancora più larghi per continuare a governare.

Se confermerà le dimissioni, dunque, non sarà per Conte che gli ha semplicemente chiesto di fare una serie di cose per aiutare il Paese, ma per la fuga dello stesso Draghi o di Salvini, che fa la voce grossa con Berlusconi non tanto per andare a votare (si consegnerebbero alla Meloni) quanto per spartirsi un po’ di nuove seggiole e poltrone. Letta intanto preme su Conte perché faccia un’inversione a U e si schianti, donando al Pd il sangue che resta dopo quattro anni di ferite e compromessi per governare con chi si è potuto.

Arrivati a questo punto, perciò, i 5S farebbero meglio a fermarsi e assistere al teatrino degli altri. Possibilmente senza colpi di scena dell’ultimo momento, tipo approvare la fiducia in cambio di nuove chiacchiere e promesse fumose. Un obiettivo per il quale sono in corso mille pressioni, ma che in una forza politica nata per spingere la democrazia diretta può avere solo un decisore finale: gli attivisti. E convincerli sarà un po’ più dura che riuscirci con Patuanelli, D’Incà e Dadone.