L'Editoriale

I 5S, il Pd e la lezione che serve

Al di là di tutte le considerazioni che seguiranno sulle singole liste, in Abruzzo il campo largo ha reso di gran lunga più contendibile la vittoria.

I 5S, il Pd e la lezione che serve

Un anno e mezzo fa, dopo l’arrivo in carrozza delle destre al governo, solo un matto avrebbe potuto sostenere che in Abruzzo la sinistra e i progressisti si sarebbero giocati la partita per la Regione. Lo scarto alle politiche non era stato enorme, ma fino alla vittoria della Todde in Sardegna il vento aveva tirato sempre in direzione di Meloni e soci.

Poi domenica scorsa il governatore uscente, Marsilio, è stato confermato staccando di sette punti lo sfidante D’Amico sostenuto da tutto il campo largo. Nel 2019 il distacco dal secondo, i Pd Legnini, fu di sedici punti, cioè più del doppio, e fa un errore da dilettante della politica chi somma ai voti dem il 20% preso allora dai 5 Stelle, che candidavano come presidente una loro esponente, la Marcozzi, poi passata a Forza Italia e adesso regolarmente non eletta.

Dunque, al di là di tutte le considerazioni che seguiranno sulle singole liste (Il Pd che cresce, i 5S che calano anche per la regola del secondo mandato nei livelli territoriali, i centristi che portano poco, ecc.) il campo largo ha reso di gran lunga più contendibile la vittoria. Cos’è che non ha funzionato, fermo restando che il forte astensionismo lascia un’autostrada al voto clientelare? Le coalizioni per essere credibili hanno bisogno di obiettivi condivisi (forse qualche alleato è meglio perderlo) e di candidati aiutati a crescere, com’è stato per la governatrice sarda portata da Conte due volte al governo da comune cittadina e poi in Parlamento.

Senza strapparsi le vesti, e facendo come l’uomo saggio, che non si esalta nella vittoria e non si deprime nella sconfitta, i partiti che vogliono costruire davvero un’alternativa di governo devono continuare a rimboccarsi le maniche, resistendo alle sirene dei sedicenti amici a cui fa più comodo lasciar vincere le destre. Altre sconfitte e altre vittorie arriveranno. Ma solo aspettando che il seme piantato faccia il frutto si può pensare di mandare a casa una coalizione che sta unita da trent’anni, scambiandosi gli stessi voti al proprio interno, grazie al formidabile collante delle poltrone. E a una propaganda martellante, che spinge le destre ai seggi e tutti gli altri a turarsi il naso e starsene a casa.