L'Editoriale

I Cinque Stelle nel mirino più di Mosca

Più i 5 Stelle promettono lealtà al governo in cambio di altrettanta cortesia sui propri provvedimenti bandiera, più Draghi li punisce.

Più i 5 Stelle promettono lealtà al governo in cambio di altrettanta cortesia sui propri provvedimenti bandiera, più Draghi li punisce. L’ultimo sfregio è arrivato ieri, con lo stop a qualunque proroga sul Superbonus 110%, cioè la misura che più di tutte ha contribuito alla crescita del Pil, e che vede già impegnato l’intero stanziamento di 33,3 miliardi previsto fino al 2026.

La copertura è finita, e pazienza se questi soldi fanno girare l’economia: Palazzo Chigi non caccerà più un euro, non sia mai che manchi qualcosa alla montagna di miliardi promessi alla grande impresa, all’immensa spesa pubblica improduttiva e ai miracolati del sistema, tipo i sindacati che incassano centinaia di milioni attraverso i Caf, quei Centri di assistenza fiscale da cui guarda caso partono le maggiori truffe sul Reddito di cittadinanza.

Nulla cambia, insomma, in questa gigantesca restaurazione dei poteri, dopo qualche anno di ricreazione in cui è stato commesso il peggiore dei peccati: redistribuire più equamente le risorse, ammettendo per la prima volta a tavola la povera gente (col Reddito di cittadinanza), le aziende minori (quelle che ristrutturano gli immobili sono in gran parte artigiane), i sostenitori dell’Ambiente (proprio il Superbonus è la più grande opera di efficienza energetica mai realizzata nelle città).

Certo, disturbare Draghi mentre minaccia la Russia, che ricambia con l’Italia, non sembra il caso, ma se persino in una tale circostanza il premier trova il tempo di tagliare il Superbonus, allora è qui che vuole colpire, più che a Mosca.