Non c’è di peggio di quei personaggi che arrivati a una veneranda età invece di godersi la pensione dispensano consigli, come vecchi saggi a cui però difetta la memoria sui propri errori del passato. In questo club, ieri ci teneva a timbrare il cartellino Romano Prodi, tra le altre cose presidente dell’Iri quando lo Stato consegnò i marchi Lancia e Alfa Romeo alla Fiat. Quello che sarebbe poi diventato premier e padre nobile della sgangherata sinistra con l’Ulivo oggi si vanta di aver preferito il Lingotto all’offerta della Ford, ma gli Agnelli (che ora stanno in Stellantis, cioè un’azienda estera tanto quanto la casa automobilistica statunitense) con quella operazione tolsero ogni controllo pubblico su un settore industriale nel quale lo Stato ha continuato a mettere pacchi di miliardi: oltre 200 secondo un recente studio che prende in considerazione gli incentivi alle rottamazioni, la cassa integrazione e i contributi diretti solo dal 1975 al 2022. Invece di scusarsi per questo e altri capolavori della sua gestione dell’Iri, Prodi ieri è tornato in cattedra all’università Roma Tre e se l’è presa con Giuseppe Conte, accusandolo di equidistanza tra Biden e Trump.
Un ragionamento che può spiegarsi solo col desiderio di accodarsi alle crescenti critiche dei dem al leader del Movimento Cinque Stelle. Diversamente, ripetere il giochino buono per uno showman come Fabio Fazio fa poco onore a chi gira tv e convegni come maître à penser dei progressisti. Il tifo per un possibile presidente Usa o per l’altro possono farlo tutti, dagli intellettuali ai perditempo, tanto non lo eleggiamo noi italiani. Ma un leader politico che sta costruendo con fatica la strada per tornare al governo deve parlare oggi esattamente come potrebbe farlo domani, quando nei rapporti tra Stati un premier non deve tener conto delle simpatie personali o di partito. A meno di fare come la Meloni, che solo qualche anno fa andava a Washington per infilarsi in qualche fotografia con Trump e ora è finita a fare la cheerleader di Biden e della sua linea su Nato e guerra a Mosca.