L'Editoriale

I disonesti si perdonano. I poveri no

La propaganda delle destre ha ripreso a cannoneggiare il Reddito di cittadinanza, cavalcando la balla che le imprese non trovano impiegati.

Visto che la Giustizia non tira, e a parte Berlusconi e un po’ di gente che non dorme serena vedremo quanti andranno al referendum, la propaganda delle destre ha ripreso a cannoneggiare il Reddito di cittadinanza, cavalcando la balla che le imprese non trovano impiegati in quanto i giovani preferiscono fare la bella vita col sussidio.

Ovviamente si tratta di una fesseria sesquipedale, perché il piccolo accredito mensile fa concorrenza solo al tozzo di pane che si getta pure agli schiavi, ma è fondamentale per oltre tre milioni di italiani senza null’altro per curarsi e mangiare.

Al netto degli abusi, che rientrano in una soglia fisiologica nonostante ci raccontino il contrario, questa misura è la più capillare forma di welfare mai realizzata nel Paese, importantissima quando le politiche liberiste delle destre e di Renzi – cioè la stessa cosa – facevano salire fino a cinque milioni gli italiani in povertà assoluta, e adesso ancora di più per gli effetti economici di guerra e pandemia.

Eppure dalla Meloni a Calenda tutti indicano nel Reddito di cittadinanza un errore, evidentemente supportati dai sondaggi sul gradimento che raccoglie una simile battaglia. Un gradimento che vediamo in quell’area politica ed economica abituata a sfruttare i lavoratori, e per cui è irrilevante persino un dato drammatico come quello appena fornito da Save the Children sull’ignoranza in crescita nelle classi sociali deboli.

Ma in un Paese in cui è più grave essere poveri che disonesti, non va di moda sostenere chi è rimasto indietro. Anzi, per le destre e un pezzo di sinistra non lo è stato mai.