Un governo pieno di ministri che dieci anni fa facevano lo stesso mestiere, ai bei tempi delle nipoti di Mubarak e dell’Italia che cicaleggiava prima di pagare il conto con Mario Monti, è naturale che abbia una certa nostalgia.
All’epoca si era giovani, o perlomeno con meno acciacchi e delusioni, e quindi tutto si ricorda come rose e fiori, e pazienza se un destino cinico e baro, oppure quei maledetti comunisti, ci hanno mandato a gambe all’aria. Perciò ci si riprova, tornando nei luoghi del delitto, stavolta più spregiudicati e arroganti di prima.
D’altra parte, visto che per la Manovra non ci sono soldi e qualche osso bisogna pur darlo ai propri elettori, le destre non passano giorno senza inventarsi qualcosa di nuovo, anzi di antico. Ieri è toccato al viceministro Sisto, pure lui nell’esecutivo che girava attorno a Palazzo Grazioli, che ha annunciato nuovi bavagli per l’informazione, il superamento della Legge Severino che impedisce ai condannati di continuare a far politica e del reato dell’abuso d’ufficio, poi riaffermato dalla stessa premier Meloni.
Siamo tra i Paesi che sulla corruzione se la battono con gli Stati sudamericani, dove i giornali sono sommersi dalle querele dei politici – a La Notizia, guarda caso, ne abbiamo in corso una di Sisto e una della Meloni – e la ricetta qual è? Liberi tutti e bavaglio alla stampa. Così in questa corsa all’indietro con la macchina del tempo, ricicciano grandi fallimenti come i voucher per sfruttare i lavoratori precari a vita. Tutta robaccia, di cui è rimasta nostalgia solo all’Italia peggiore.