L'Editoriale

Il Califfato ci costringe alla guerra

A nessuno piace la guerra. Ma se il conflitto è inevitabile meglio affrontare la questione mentre il nemico è debole piuttosto che attenderne il consolidamento. Adesso facciamoci una domanda: con il califfato c’è una speranza una di trovare soluzioni diplomatiche? C’è una possibilità una che i massacri finiscano e che domattina non ci mettano una bomba sotto casa? La risposta è scontata e dunque vedere ieri i governi di mezzo mondo stracciarsi le vesti per l’avanzata dell’Isis fino alla città museo di Palmira sa davvero di ipocrita. I deboli regimi di Siria e Iraq non ce la possono fare a fermare i jihadisti, la Libia è a pezzi ed Egitto e Turchia hanno il loro bel da fare con i problemi interni. L’intervento dell’Occidente, limitato ai bombardamenti aerei della coalizione guidata dagli Usa, ricorda poi il patetico aiuto degli stessi Usa al Vietnam del Sud fino alla precipitosa fuga dall’ambasciata di Saigon. Senza un’azione vera, con truppe di terra, presto lo Stato islamico diventerà un colosso col quale fare i conti. Sapendo che oggi manipola la storia distruggendo i monumenti, ma domani cercherà di distruggere l’Occidente per manipolare la storia.