Non si può dire che Enrico Letta lasci niente al caso. Dopo aver reso matematicamente impossibile la vittoria di una coalizione progressista, escludendone i 5 Stelle che nei sondaggi hanno tre volte i voti di Calenda con cui ha chiuso l’accordo, ha voluto assicurarsi della disfatta persino in caso di miracoli, umiliando gli altri alleati nella spartizione dei collegi e soprattutto snaturando il legame comune di Sinistra per virare sul programma liberista di Azione, semmai non bastasse già l’agenda Draghi.
Così, neanche il tempo di partire e il giocattolo s’è rotto, con Fratoianni e Bonelli pronti a sfilarsi se non si rinegozia tutto, e persino Di Maio infilato nel listino bloccato del Partito di Bibbiano che parla di mancanza di rispetto. Siamo al capolavoro, insomma, dell’ammucchiata più pazza del mondo, per la gioia delle destre che a questo punto se la giocano su quale sia l’accozzaglia peggiore.
Per questo motivo non va escluso che da qui all’ultimo minuto utile per presentare le liste si rimescoli tutto, e le forze pacifiste, ambientaliste e dalla parte della povera gente si rivolgano ai 5 Stelle, l’unico soggetto rimasto a difendere coerentemente queste bandiere.
Una scelta limpida, che sta rianimando la base del Movimento dopo tanti abbandoni e delusioni. D’altra parte Conte è stato oggettivamente abile nel focalizzare quella funzione solidale e progressista dei 5S che li rende oggi più che mai indispensabili per mettere in sicurezza e far ripartire un Paese fragile. Un patto chiaro con gli elettori che le armate Brancaleone si sognano.