Matteo Salvini è il simbolo perfetto di questo governo: occupa un ministero, usa il potere come pedana per la prossima campagna elettorale, tratta i disastri come se fossero incidenti di percorso durante un comizio. Dalla guida delle Infrastrutture, il leader della Lega si è specializzato nell’arte della comunicazione: i social, gli slogan, gli insulti da aula parlamentare e qualche gita in cantiere ben fotografata. Intanto i treni – il cuore del suo dicastero – deragliano, in senso reale e metaforico, e ritardano.
Il 2 ottobre 2024, un guasto elettrico ha paralizzato per ore la stazione di Roma Termini. Più di mille treni coinvolti, oltre seicento cancellati, 70mila minuti di ritardo accumulati. Salvini si è affrettato a puntare il dito contro un chiodo piantato male, evocando complotti e sabotaggi. Ma ora l’Autorità dei trasporti ha smentito la narrazione del ministro: l’incidente non fu dovuto a un atto isolato, ma a “molteplici carenze nella gestione” da parte della società pubblica sotto la vigilanza del suo ministero.
Il danno non è solo di immagine. L’Italia rischia ora una sanzione fino a due milioni di euro, che pagheranno i contribuenti, non il ministro che ha ridotto il caso a barzelletta da talk show. Nel frattempo, alle richieste di chiarimento in Parlamento Salvini risponde con frasi precotte: “Ogni cittadino può accedere in tempo reale allo stato dei lavori”. Come se il diritto alla mobilità fosse garantito da un QR code, come se il disagio fosse colpa di chi non si è aggiornato con l’app.
Nel frattempo, sulle tratte ad Alta Velocità continuano a registrarsi ritardi, cancellazioni, mancanza di informazione a bordo e nei tabelloni. E nessuna risposta concreta sugli indennizzi. Le interruzioni di linea – solo tra Roma e Milano – sono aumentate del 20% nel 2025. La risposta del ministro? Fare finta che i cantieri siano il segno del progresso. Come se la paralisi fosse un effetto collaterale del futuro.
In un Paese dove la politica si misura in apparizioni, Salvini incarna il ministro che c’è anche quando non serve. Ride dei disastri finché può darne la colpa a qualcun altro, si ritira nel silenzio quando le responsabilità toccano le strutture che dovrebbe governare. Ma in questo governo, dove tutto è propaganda, è proprio per questo che resta saldo: perché non serve risolvere problemi, basta raccontare che sono colpa d’altri.