L'Editoriale

Il decreto dello struzzo

Incapaci di rispettare i tempi e le regole del Pnrr, voteranno oggi in Parlamento per fare fuori il controllore.

Il decreto dello struzzo

Incapaci di rispettare i tempi e le regole, voteranno oggi in Parlamento per fare fuori il controllore. Il decreto “Pubblica amministrazione” passerà alla Camera ponendo la fiducia e finalmente la presidente del Consiglio Meloni e il ministro Fitto si toglieranno dai piedi il controllo che la Corte dei Conti esercita sull’attuazione del Pnrr.

Una scenetta sconcertante: prima il ministro Fitto si è lamentato perché quella norma è rimasta inattuata per dieci anni prima di essere resuscitata dal secondo governo Conte. Cosa ci sia di male nell’applicare la legge rimane un mistero. Poi lo stesso ministro ha provato a convincerci che quella norma non si potesse applicare al Pnrr. Come il Pnrr non debba rientrare tra i “principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale” che prevede la legge è un altro mistero.

Un po’ in affanno, allora, Fitto ha provato a convincerci che i controlli sul Pnrr spettino all’Europa. Falso, anche questo. Anzi è proprio l’Europa a scrivere che gli Stati membri devono adottare “tutte le opportune misure” per prevenire e individuare frodi, casi di corruzione o di conflitti di interesse con i soldi del piano. Esattamente quello che la Corte dei Conti stava facendo, per di più in un Paese in cui le mafie hanno banchettato troppo spesso con i fondi europei.

O forse il problema non è la Corte dei Conti ma sono proprio i conti di questo governo che è riuscito a spendere solo poco di più di un miliardo da fine 2022 al 28 febbraio 2023 e che ha i 19 miliardi di euro della terza rata bloccati dall’Ue proprio per l’incapacità di spenderli.

Un ritardo “che potrebbe incidere sulla effettiva realizzazione dell’intero piano (di ripresa e resilienza, ndr) con particolare riferimento al pieno raggiungimento degli obiettivi finali”. Chi lo dice? Il ministro Fitto, nella sua stessa relazione. Potrebbero allora chiamarlo il “decreto struzzo”: testa sotto la sabbia per evitare le proprie responsabilità.