Chi paga una corsa sui mezzi pubblici di Milano due euro e venti – cioè quattromila lire di una volta, per avere più chiara l’entità del salasso – ieri giustamente se n’è fregato alla grande dell’incontro a Roma tra la premier Meloni e la presidente della Commissione europea, von der Leyen.
I politici chiacchierano e i cittadini pagano: la storia è sempre la stessa. Ma in realtà, al centro del vertice finito in nulla c’erano due questioni centrali per il Paese: l’invio di nuove armi a Kiev, con la relativa spesa a carico dei contribuenti e l’attuazione del Pnrr, ovvero la montagna di soldi che ci dà l’Europa per fare riforme e infrastrutture.
Se nel primo caso il governo è sdraiato sulle direttive Usa, e dunque continueremo a dare a Zelensky altri pezzi dei nostri già semivuoti arsenali, sul Pnrr la situazione è persino peggiore. Palazzo Chigi vuole lo spoils system anche su quanto previsto dal piano strappato a Conte e poi definito da Draghi.
Per farci cosa non ce lo dicono, tant’è che il titolo Telecom corre sulle voci di decisioni in merito alla rete della fibra, ma di ufficiale non c’è niente, e chissà se chi ha accesso a certe informazioni non ne sta traendo vantaggio. Parallelamente, per sfamare un apparato pubblico elefantiaco lo Stato continua a tartassarci, con accise criminali sui carburanti, e contributi folli nelle buste paga dei lavoratori.
Così si consuma il delitto perfetto: ci indebitiamo con Bruxelles non si sa per cosa, e allo stesso tempo ci aumentano il costo dei biglietti del bus. Giorgia e Ursula ieri sorridevano. Gli italiani molto meno.