Il sondaggio di Pagnoncelli per il programma di Floris di ieri sera indica la Meloni in calo di consensi. Ancora poca cosa: un paio di punti al mese, ma il trend non lascia dubbi. È il prezzo del disastro di Cutro e della montagna di promesse elettorali rimangiate: dalle accise al Mes, dal Pos al Bonus 110, dal blocco navale al record di sbarchi dei migranti, dalla pacchia finita per l’Europa a Bruxelles e Washington che invece ci comandano a bacchetta sulla Manovra finanziaria e sulle armi da recapitare a Zelensky.
Chi aveva creduto a Giorgia e ai suoi alleati, e i molti che ancora ci sperano, hanno in mano un mucchio di cornici, tipo la riforma fiscale o l’Autonomia regionale, che però diventeranno leggi – semmai lo saranno – chissà quando. Per il momento, dunque, si continua con le giravolte, aggiungendone ogni giorno di nuove. Così arriviamo all’ultima, che seppellisce tutte quelle belle parole sul merito, per cui si sono inventati persino un ministero.
Tra pochi giorni bisognerà scegliere gli amministratori di centinaia di aziende partecipate dallo Stato, e nei Palazzi girano nomi di ogni tipo: boiardi, politici trombati, ex dirigenti cacciati e riciclati dai partiti. Se valesse davvero il criterio del merito, sapremmo già chi ha i titoli e chi no, ma evidentemente il merito di cui si parla è quello di stare sul carro del governo. Perciò presto avremo un altro manipolo di beneficiati, e quindi fedelissimi, ma anche un numero molto maggiore di respinti, e dunque di nuovi avversari. L’asticella di Pagnoncelli si prepari, che tocca ancora scendere.