A quanto pare, milioni di italiani a questo giro non andranno a votare. Sbagliano, ma come biasimarli? Se qualcuno giusto ieri sera avesse voluto cambiare idea guardando la tv aveva un’ampia scelta di cimeli.
Dalla Gruber pontificava De Benedetti (qui il video), cioè uno dei protagonisti di quel legame perverso tra politica e affari che ha bloccato il Paese (si fregiò di possedere la tessera numero 1 del Pd prima di pentirsene).
Arrestato senza entrare un minuto in cella ai tempi di Mani pulite, si è arricchito negli anni delle grandi privatizzazioni, quando a dirigere il traffico al ministero dell’Economia c’era anche Mario Draghi.
Qualche colpo gli andò male, come nel caso della Sme (le partecipazioni dell’Iri nel settore alimentare) che Prodi non riuscì a svendergli, altre volte invece fu più fortunato, come con Sorgenia, carica di debiti finiti in pancia a varie banche, a partire dal Monte dei Paschi (che tra breve lo Stato dovrà ricapitalizzare).
Ed è proprio di questi giorni la chiusura delle indagini per una presunta truffa milionaria all’Inps – altro che i due soldi del Reddito di cittadinanza – da parte di Gedi, la società editrice della Repubblica, risalente agli anni 2011-2015, dunque sotto la gestione della famiglia De Benedetti.
In un Paese normale, a un soggetto del genere non chiederebbero neppure l’ora per strada, ma qui una pattuglia di giornalisti, sempre la stessa a scanso di sorprese, lo maneggia come un oracolo, che poi non si sa mai, visto che si è fatto un altro giornale (Domani) dopo la vendita di Rep agli Elkann (Fiat o quel che ne rimane).
Per quei pochi che ricordano questi fatti e hanno cambiato canale, da Porro si santificava l’altra parrocchia, nella persona di Giulio Tremonti, ministro dell’Economia che ci portò a un passo dal default, con lo spread oltre i 600 punti e a seguire i salassi di Monti e Fornero.
Ora l’ex ministro è candidato dalla Meloni (oltre vent’anni in Parlamento ma spacciata per il nuovo della politica italiana), nella stessa colazione di altri giovanotti tipo Berlusconi, La Russa, Gasparri. Tutti pivellini rispetto a Casini, in carica da 39 anni e ora in corsa col Pd. E poi ci si stupisce per gli italiani che non vanno a votare.