L'Editoriale

Il piatto piange, ma non per le armi

Il piatto piange, ma non per le armi

Ora che li hanno messi nero su bianco, sono i numeri a trasformare l’incubo in solide realtà. Nel Documento programmatico di bilancio, inviato alla Commissione Ue e al Parlamento italiano, ricordando che “l’Italia ha già espresso l’interesse a fare ricorso allo strumento finanziario europeo Safe” – il fondo ideato per finanziare a debito la corsa al riarmo – “per un ammontare pari a circa 15 miliardi”, il governo conferma l’impegno ad aumentare la spesa militare fino allo 0,5% del Prodotto interno lordo.

Impegno che “sarebbe compatibile con il mantenimento del rapporto deficit/Pil al di sotto della soglia del 3 per cento”. Il come è presto detto: con una manovrina ridotta all’osso da 18 miliardi per finanziare misure su lavoro, pensioni, famiglie, imprese e sanità. Oltre agli interventi per il contrasto della lotta alla povertà che, come certificava l’Istat solo qualche giorno fa, ha tagliato nuovi record con il governo Meloni. Tutto con appena 3 miliardi in più dei debiti che faremo per imbottire di armi gli arsenali militari.

Ma, se in Italia il piatto piange, a Bruxelles, Ursula bomb der Leyen festeggia: proprio ieri la Commissione europea da lei presieduta ha annunciato il grande big bang da 6.800 miliardi di euro che, di qui al 2035, l’Europa intende investire in difesa. Anche gli italiani non stanno più nella pelle: secondo i Cinque Stelle, nei prossimi tre anni ciascun contribuente sborserà più o meno 700 euro per finanziare le spese militari contro i 230 per quella sanitaria. Ma almeno, se le cose dovessero mettersi male, non mancheranno le pallottole per spararci nelle palle.