I suoi denigratori lo chiamano caimano e figuriamoci perciò se Silvio Berlusconi poteva accontentarsi del premio di consolazione della presidenza del Senato. La poltrona va bene, ma da sola non vale il prezzo dell’esclusione di Forza Italia dai giochi che d’ora in avanti già immaginano di fare insieme i due vincitori delle elezioni, Di Maio e Salvini. Il leader della Lega, in particolare, una volta fatto il più piccolo dei sacrifici, può cominciare a svuotare di parlamentari il partito del Cavaliere, dopo averlo già svuotato di consensi. Naturale quindi che l’ex premier azzurro facesse saltare il tavolo, imponendo il nome di Paolo Romani, irricevibile dai Cinque Stelle. Nella partita generale, monta dunque tutta un’altra sfida interna al Centrodestra, dove il jackpot è la vera leadership della coalizione. Tanto che il candidato premier M5S si è rifiutato di entrarci incontrando il Cav, finendo così per negargli qualunque sponda nel regolamento di conti in atto con la Lega. A sorpresa, invece, nella battaglia è entrato il Pd, che con la decisione di astenersi nelle votazioni che iniziano oggi fa scendere il quorum e di fatto fa vincere a Palazzo Grazioli il round col Carroccio, permettendo al terzo scrutinio l’elezione di Romani, salvo altri improbabili accordi all’ultimo momento. Un epilogo che scardina qualunque possibile asse tra Salvini e Di Maio. Il varo di un nuovo Governo è lontano e non c’era da illudersi che in questo clima si corra sulle Camere.
L'Editoriale