Le aziende ai figli, 200 milioni al fratello, 100 milioni alla moglie per finta Marta Fascina, 30 milioni al fidatissimo e silenziosissimo Marcello Dell’Utri. E a noi? Cosa c’è per noi nel testamento di Silvio Berlusconi? Ce n’è eccome, basta guardarsi in giro.
Ci ha lasciato in eredità una destra impensabile al governo che ha sdoganato e normalizzato: “Siamo stati noi a far entrare nel governo Lega e fascisti. Li abbiamo legittimati noi, li abbiamo costituzionalizzati noi”, disse nel 2019. Poi, nel frattempo, quelli se lo sono mangiato e ora governano. Grazie, Silvio.
Ci ha lasciato il mito della ricchezza come metro di successo. Così Santanchè, Briatore e compagnia cantante sono diventati dei maître à penser grazie alla cilindrata delle loro auto. Insieme ai fascisti ha istituzionalizzato anche il maschilismo: le donne fanno carriera se sono disponibili, se stanno al gioco (dei maschi) e se stanno al loro posto. La fallocrazia è diventata un accettato sistema di selezione della classe dirigente. Grazie, Silvio.
Ci ha lasciato la normalizzazione della mafia come inciampo burocratico in un’ascesa professionale. Nell’anno 2023 gli antimafiosi sono diventati tipi sospetti che tramano con i magistrati. Un’inversione dell’etica. Grazie, presidente.
Ci ha lasciato questo stigma per la povertà e per l’insuccesso che è diventato un marchio di fabbrica. Così oggi se sei povero hai un ulteriore problema: sei considerato un coglione. Ah, ci ha lasciato anche la legalizzazione della menzogna come metodo politico. Grazie, Silvio.