L'Editoriale

La bella statuina del G7

La bella statuina del G7

La bella statuina del G7

Quando esce fuori porta, Meloni non ha lo stesso vantaggio di cui gode in Italia, dove tv ed edicole unificate raccontano solo quanto è brava. Così, al suo arrivo al G7 di Hiroshima, la stampa giapponese la presentava in questo modo: “Da babysitter a prima donna premier italiana”, mentre il premier canadese, Trudeau, le ha detto in faccia che sui diritti civili ci sta riportando al Medioevo.

Lei però non fa una piega, tanto per Mediaset è una santa, in Rai dicono che fa già i miracoli e su molti giornali si fanno le inchieste per scoprirne le stimmate invece che gli strani affari della madre, o semplicemente il curriculum, visto che dichiara di essere diplomata in lingue in un istituto che però è alberghiero. Senza la deferenza che qui abbonda per i potenti, all’estero dunque la premier conta poco, perché isolata dal blocco europeo di Scholz e Macron e sdraita su Biden, che però neppure la invita a Washington.

Il vertice dei grandi del Pianeta finisce perciò con gli Usa che alzano il livello dello scontro con la Russia, autorizzando gli alleati della Nato a fornire a Kiev i caccia F16 e la formazione dei piloti, esattamente come avrebbero fatto se “Io sono Giorgia” fosse rimasta in Italia per aiutare le popolazioni alluvionate. Certo, altri Paesi pagherebbero per far parte del G7, ma se esserci significa limitarsi a fare i complici di decisioni altrui, alimentando unicamente un’escalation militare senza ritorno, meglio allora starsene a casa. Qui, almeno, tutti si inchinano, e chi si informa con i talk show nemmeno saprà mai chi è Trudeau.