L'Editoriale

La Capitale può rinascere sul serio. Gli ergastoli agli Spada testimoniano quanto si sia cambiato passo

A Roma si respira un’aria più pulita, e pazienza se tanti promettono di non votare più la Raggi perché la città sarebbe ferma e gli affari non girano come prima. La condanna a centinaia di anni di reclusione per una parte del clan Spada testimonia quanto si sia cambiato passo – altro che città ferma! – ma anche l’eredità pesante di una stagione di illegalità e degrado profondo della Capitale. Avevamo scoperto la mafia con Buzzi e Carminati, ma intanto feroci bande criminali continuavano a farla franca.

Serviva un fronte comune tra istituzioni, forze di polizia e cittadini, con un’attenzione mai vista prima anche da parte dell’informazione, per arrivare alla sentenza di ieri, pronunciata non a caso davanti alla sindaca, al presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra e alla giornalista sotto scorta Federica Angeli, oltre una serie di associazioni e il sindacato della stampa. Romoletto, Maciste e tutti i nomignoli di un’antica tradizione criminale, finalmente inchiodati da un giudice, liberano i commercianti, le imprese e la macchina amministrativa da una camicia di forza micidiale.

Un altro insopportabile freno sulla città, come il monopolio dei rifiuti lasciato a un privato, il dissesto non dichiarato dell’azienda dei bus Atac o la zavorra del debito storico. Nodi strutturali mai affrontati dalla politica, e che invece in soli tre anni sono stati tutti aggrediti, con il monopolista delle discariche Cerroni fatto da parte, l’Atac in concordato e il debito storico messo in sicurezza con una legge speciale. Mancavano giusto i mafiosi di Ostia in galera.