L'Editoriale

La dittatura sanitaria e altre bugie

Con la credibilità di chi prima voleva tutto aperto, poi tutto chiuso, adesso tutti in giro senza mascherina perché il Covid è finito, ma a patto che non si tratti di migranti perché spargono il Covid (ma non era finito?), ieri Matteo Salvini ha fatto in Senato un altro show, dopo il delirante convegno negazionista del giorno prima con Sgarbi e il già pentito Bocelli. Prolungare di due mesi e mezzo lo stato d’emergenza, giusto il tempo di non mandare in malora i provvedimenti urgenti presi nei mesi scorsi e vedere se riparte l’altra temutissima ondata del virus, è per il capo del Carroccio la prova della deriva liberticida imposta dall’attuale Governo. Saremmo davvero finiti, insomma, in una dittatura sanitaria, con Conte novello Pinochet e i diritti fondamentali sospesi, anche se il caudillo cileno non risulta che coinvolgesse regolarmente il Parlamento in ogni suo atto. Ma da chi nega l’evidenza della pandemia per farsi propaganda, non sente imbarazzo per un governatore di Regione che non dichiara una montagna di soldi all’estero, non accetta di farsi processare come chiunque e domani attenderà un aiutino persino dell’omonimo Matteo di Italia Viva per sottrarsi al giudizio sul caso Open Arms, ecco, da uno statista di tanta stazza è velleitario attendersi un atteggiamento non strumentale contro l’Esecutivo, fosse anche per rispetto delle migliaia di morti che abbiamo avuto e del pericolo che correrebbero tante altre persone. Ma si sa che l’opportunista ama il prossimo solo quando gli serve.