Si può criticare o meno la decisione di attribuire alla venezuelana Maria Corina Machado il premio Nobel per la pace (Giulio Cavalli ne traccia un ritratto ricostruendo il suo curriculum controverso), ma di sicuro un merito lo ha avuto. Chiudere definitivamente la farsa sul riconoscimento all’auto-candidato Trump, che solo alcuni statisti del nostro governo e qualche improbabile supporter del calibro del presunto criminale ricercato dalla Corte penale internazionale, Netanyahu, potevano contribuire ad alimentare.
Del resto il curriculum del presidente Usa era di tutto rispetto. Dal 20 gennaio di quest’anno, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca per il secondo mandato, ha dato copertura politica e militare, come aveva già fatto il suo predecessore, al genocidio palestinese per mano israeliana; ha scatenato una guerra mondiale commerciale a colpi di dazi; ha imposto l’incremento delle spese militari al 5% del Pil ai Paesi aderenti alla Nato; e, giusto per non perdere terreno sui suoi predecessori, ha bombardato illegalmente l’Iran.
Certo, si dirà, ha chiuso la carneficina in Palestina. Ma resta da vedere se la tregua (non la pace), che peraltro il suo alleato Netanyahu ieri è tornato a mettere in discussione, reggerà. Cosa che, ovviamente, tutti ci auguriamo malgrado le palesi criticità dei suoi contenuti e del modo, una sorta di ultimatum tipo “prendere o morire” lanciato da Trump (“o finiremo il lavoro”), con cui è stato proposto, o meglio imposto, ai palestinesi. È vero, Hamas le ha accettate, sebbene su alcuni punti la discussione dovrà essere approfondita.
Ma è altrettanto vero che dopo quasi 70mila vittime civili – che si teme siano molte di più – i palestinesi avrebbero accettato qualsiasi proposta pur di fermare le bombe e la fame in ciò che resta della Striscia di Gaza. Quindi sì, meglio il Nobel a Machado, per quanto criticabile, che a Trump. Con buona pace dei Salvini e dei Netanyahu che tifavano per lui. E per chi, come la premier Meloni è corsa ad intestarsi il Piano dell’alleato americano pacifinto dopo che, negli ultimi due anni, non ha mosso un dito per fermare il massacro dei palestinesi. Ammesso che sia davvero finito.