Perdevamo colpendo uniti ai tempi delle crociate, a maggior ragione perdiamo oggi facendo tutta Europa di testa propria. Nella penosa vicenda della nave Aquarius, un esercito di poveri africani armati solo di fame e disperazione ha sbaragliato gli opulenti Paesi al di qua del Mediterraneo, carichi di egoismi e protagonismi, arrivati a livelli di disumanità che ci tolgono il diritto di dirci civili. Di fronte a un’invasione che oggettivamente l’Italia da sola non può affrontare, il ministro dell’Interno Salvini ha voluto dare subito un segnale chiarissimo all’Unione europea e al mondo, bloccando l’approdo nei porti italiani dell’ennesima imbarcazione zeppa di profughi. Una mossa che ha scoperto gli altarini di Malta, che applica gli accordi di Dublino come gli pare, e che doveva far scattare una condivisione internazionale non più ipocrita di un esodo biblico che il nostro Paese per ammissione generale sta affrontando da solo. Reazione che non solo non c’è stata, ma che si è trasformata in una cialtronata del nuovo governo socialista di Pedro Sanchez, disposto a prendersi l’Aquarius senza però dir nulla sulle altre migliaia di viaggi della speranza che dopo questo bel gesto resteranno tutti diretti sulle nostre coste. Madrid insomma fa uno spot alla parte politica appena arrivata al comando, commettendo due errori di fondo: illuderci che dopo questo caso non ne arrivino subito dopo moltissimi altri, e soprattutto consentire ancora una volta all’Europa di non mettersi davanti alle proprie responsabilità, compresa quella di macchiarsi di crimini contro l’uomo, e affrontare subito coralmente e stabilmente il dramma epocale dell’emigrazione. Una cura per cui serve una sola medicina: far partire la crescita nei Paesi da cui la gente fugge. Un farmaco amaro, perché si tratta di mettere mano al portafoglio e restituire un po’ di quello che hanno preso per secoli le potenze coloniali dell’Occidente, ma senza il quale continueremo solo a far finta di voler risolvere il problema dei migranti.
L'Editoriale