Tra pochi giorni Roma avrà un nuovo monumento, la Nuvola di Fuksas. Non fosse un monumento allo spreco, sarebbe una notizia bellissima. La città che campa da secoli grazie a capolavori dell’ingegneria come il Colosseo, il Pantheon e San Pietro, da circa vent’anni non vedeva nascere un’opera di grande effetto (bisogna tornare indietro all’Auditorium Parco della musica). Il guaio è che l’opera – al di la di ogni giudizio estetico – è l’emblema di quanto sia folle il mercato delle opere pubbliche.
A causa di varianti e burocrazia, la Nuvola infatti ci ha messo diciotto anni per essere completata. E in tutto questo tempo ha visto esplodere il costo del 260 per cento. Intanto un altro monumento, questa volta anche alla mancanza di decoro, si è consolidato proprio accanto al gioiello di Fuksas: due torri sventrate che a vederle vengono in mente i bombardamenti di Damasco.
Tutta colpa delle norme impossibili che regolano il settore degli appalti. Norme che il Parlamento avrebbe semplificato con un codice complesso rimasto ancora troppo complesso. Per la felicità di un’infinita burocrazia, dietro la quale vive e si moltiplica la corruzione.