I senatori che fanno il coro a Gianni Morandi festeggiando i 75 anni del Senato sono lo spot perfetto di un sistema che ha bisogno di cambiare. Che governi la destra o la sinistra, la musica è la stessa: i politici si divertono e gli italiani si arrangino. D’altra parte, come dargli torto visto che la casta non muore mai, tanto che Formigoni – condannato per le tangenti sulla sanità lombarda – si prepara a tornare alle prossime elezioni europee, e Cuffaro – scontata la pena per concorso esterno alla mafia – è appena diventato segretario di partito.
Chi muore, invece, sono le persone comuni senza cure negli ospedali; i giovani che devono accontentarsi di salari minimi o gli anziani con due soldi di pensione. Dunque, discutere di riforme è urgente e necessario, ma per fare passi avanti e non indietro, com’è avvenuto con la modifica del Titolo V della Costituzione o come promette di fare l’Autonomia differenziata del ministro Calderoli.
Lo Stato ha bisogno di essere più snello, di costare meno ai cittadini e soprattutto di poter prendere le decisioni che servono, mentre oggi tra regole preistoriche, poteri nazionali e locali in conflitto, commissari a tutto e ricorsi al Tar, l’immobilismo è garantito. La premier Meloni, perciò, non sbaglia nel cercare una svolta, incontrando oggi i leader della minoranza parlamentare, anche se la vera opposizione ce l’ha in casa, tra gli alleati del Centrodestra, che al presidenzialismo caro a Fratelli d’Italia preferiscono il decentramento o il premierato.
Per questo serviva un metodo diverso, a cominciare dalla costruzione di un rapporto di fiducia tra le forze politiche che invece si è solo deteriorato. Basti vedere le ultime epurazioni forzate all’Inps e alla Rai, che non c’entrano niente col legittimo spoils system, ma sono la cifra di un’occupazione sistematica di ogni spazio di potere.
Se le destre vogliono davvero un cambiamento delle istituzioni, comincino loro a cambiare metodi, risparmiandoci inutili passerelle come quella di oggi, e chiarendosi prima al proprio interno, per poi offrire – su un piano di correttezza con le opposizioni che oggi non c’è – una proposta sulla quale costruire, e non da prendere o lasciare.