L'Editoriale

La politica non può farcela. Roma va commissariata

Il Paese va a rotoli e da un pezzo gli italiani che vanno ancora alle urne premiano più le proteste che le proposte. Il caso Roma in questo senso è da accademia. Dopo quasi vent’anni filati di amministrazioni (ora rimpiante) a Sinistra, si è andati contro il sistema prima buttandosi a Destra con Alemanno, poi scappando per reazione verso la controparte Marino e infine rifiutando sia destri che sinistri con il plebiscito per la Raggi. Non è passato un anno e a sentire l’aria che tira – o in alternativa un sondaggio diffuso ieri da Repubblica – quasi metà degli elettori grillini oggi non darebbe più il consenso alla sindaca. Sui motivi i Cinque Stelle possono fare tutta la demagogia che vogliono, straparlare come al solito di complotti della stampa brutta e cattiva contro di loro, ma l’inconcludenza di quanto fatto finora è sotto gli occhi di tutti. Colpa delle macerie trovate dall’attuale amministrazione? In parte sì, ma Virginia e il Movimento non sono esenti da responsabilità, a partire dalla selezione di una Giunta già decimata, dai rapporti della sindaca con esponenti politici come il forzista Sammarco occultati goffamente. E non solo.

Ci sono infatti anche i numerosi collaboratori fuggiti sbattendo la porta, assessori che vanno e vengono, il capo della segreteria, Salvatore Romeo, al quale ha triplicato di fatto lo stipendio, che la fa beneficiaria di polizze per migliaia di euro, sino all’arresto per corruzione del capo del personale Raffaele Marra. Naturale che gli elettori andati ai seggi per marcare un solco netto con il passato siano turbati. Così come sono oggi basiti gli attivisti M5S convinti a dare il loro impegno da battaglie contro l’acqua pubblica e il dilagare del cemento.

Solo illusioni – Con la Raggi sindaco la società idroelettrica controllata dal Comune ha contribuito a privatizzare l’acqua pubblica allungandosi fino a Latina. Mentre sul cemento è arrivato il via libera allo stadio della Roma che tanto serve al costruttore Parnasi proprio in quell’area dove i Cinque Stelle da anni dicevano esserci serissimi pericoli. Delle due l’una: o qualcuno ha mentito prima, o sta mentendo adesso. Fatto sta che grazie alla sua sindaca pure Grillo è entrato a pieno titolo nel teatrino della politica più inconcludente. Un epilogo che al netto degli errori appena visti era però inevitabile. Amministrare una città come Roma senza nuove risorse pubbliche, con la zavorra del debito accumulato negli anni, con il gigantismo delle aziende municipali zeppe di personale poco produttivo, con una illegalità diffusa e un apparato comunale infiltrato da portatori di interessi non sempre confessabili, per non parlare della burocrazia asfissiante, è un’impresa che nessuna forza politica può realisticamente realizzare. Se non a costo di perdere ogni consenso. La politica – che comunque vive di consenso – non può vincere quindi questa partita. Con un po’ di demagogia e aumentando il debito, con il solito giochetto di alimentare le clientele e raschiando il fondo del barile al massimo i partiti possono tirare a campare, fare e disfare le fortune di eventuali singoli leader, ma i problemi profondi della città non li risolverà mai nessuno. Ora è chiaro che pensare a un commissariamento significa ammettere la resa della politica, ma a Roma le hanno tentate tutte e visti i risultati che altro di peggio può capitare?

Non solo Tronca – Commissariare la città non significa però metterla per poche settimane in mano a un prefetto. Questo film si è già visto, anche di recente con l’esperienza (positiva) di Paolo Tronca. Poche settimane tra un’amministrazione e l’altra fanno poco. Quello che serve è invece un periodo lungo in una condizione eccezionale, come è eccezionale la gravità dei problemi di una città dove in tanti continuano a nascondere la polvere sotto il tappeto. Incuranti che prima o poi ci sarà da pagare un conto.