L'Editoriale

L’ascensore di Giorgia va solo giù

Meloni ha curvato a suo piacimento le politiche più devastanti per i ceti fragili del Paese dai tempi di Renzi e del Jobs Act.

L’ascensore di Giorgia va solo giù

Dopo che gli squadristi di estrema destra sono riusciti a devastare la sede della Cgil, ci ha pensato ieri la Meloni a completare l’opera, con un comizio che ha ammutolito la sala di un sindacato così sdraiato da non rispedire istantaneamente al mittente le sciocchezze della premier.

Dalla riforma fiscale che rispetta chi guadagna meno (è l’opposto) ai sostegni per le donne (hanno tagliato i fondi), col contorno delle solite promesse da talk show, la premier ha curvato a suo piacimento le politiche più devastanti per i ceti fragili del Paese dai tempi di Renzi e del Jobs Act.

Ma su un punto ha raggiunto il livello più grottesco, quando ha difeso l’abolizione del Reddito di cittadinanza, mettendo i lavoratori contro i disoccupati, perché i primi con i loro contributi sostengono i nullafacenti, a partire da quelli di lunga durata, che dopo tre anni di sussidio si ostinano a non trovare un’occupazione.

Col passare del tempo – ha detto – gli sfaticati di cui sopra escono sempre di più dal mercato del lavoro, e dunque diventano più poveri, pur percependo un aiuto dallo Stato. Perciò il governo metterà a lavorare tutti, e ripartirà l’ascensore sociale per chi è ai margini. Ma arrivati già a ridosso della fine del sussidio non c’è traccia dei corsi di formazione o di questo lavoro da creare miracolosamente.

Quindi, lasciando chi non ha niente nell’assoluta povertà, l’ascensore sociale partirà senz’altro ma per portare milioni di italiani ancora più in basso. Lì dove la destre per il momento campa ancora di slogan, e poi da luglio chi potrà si arrangi.