La matematica dice che Renzi non ha i numeri per approvare la riforma del Senato. Ma la politica non è solo matematica e il premier – oltre che saper far di conto – sa perfettamente che in Parlamento c’è una sola maggioranza solidissima: quella di chi non vuole perdere la poltrona. Far cadere il Governo è dunque una “non opzione”, soprattutto dalle parti di una Forza Italia con Berlusconi incandidabile fino al 2018. E se Grillo, e giusto un po’ Salvini, sono gli unici a cui non dispiacerebbe andare a votare, tutti gli altri deputati e senatori non ci pensano proprio a licenziarsi. Tutti, compresi non pochi eletti dei Cinque Stelle. Per questo la forzatura della Sinistra Pd, che ieri ha lasciato il tavolo della riforma di Palazzo Madama, ha avuto l’effetto contrario di accelerare l’iter della legge. Senza i voti dei dissidenti in teoria l’Esecutivo va sotto. Ma in pratica qualche voterello si recupererà qua e la, e alla fine avremo il nuovo Senato. Finirà il superato bicameralismo perfetto – ed è un bene – ma non potremo eleggere i senatori, e questo non è certo un bel cambiamento.
L'Editoriale