L'Editoriale

Le atlete che battono i razzisti

Se mettere argini alle fake news su internet è un’impresa disperata, arrestare la stupidità e il livore generati dalla rete non ha nessuna possibilità di successo. Le più banali chiacchiere da bar condivise con un pubblico vastissimo per molti diventano pagine di Vangelo. E così, protetti dallo schermo, tanti leoni da tastiera giudicano senza sapere, basando le loro sentenze su pregiudizi, momentanei stati d’animo e bassi istinti che qualcuno sintetizza nel concetto di “pancia del Paese”. D’altra parte sui social network chi ragiona e chi offende, chi parla con cognizione di causa e chi porta il cervello all’ammasso hanno tutti lo stesso diritto di tribuna. In rapporto all’epoca in cui i grandi canali di comunicazione, i giornali e le tv, erano appannaggio di pochi poteri forti, il web è dunque un grande spazio di democrazia, ma anche un luogo in cui è troppo facile confondersi o, peggio, confondere le menti. Esattamente quello che stiamo vedendo da domenica scorsa, subito dopo la meravigliosa vittoria di quattro atlete azzurre ai giochi del Mediterraneo. Una gara che ci ha fatto sentire orgogliosi mentre l’inno nazionale accompagnava le ragazze in cima al podio e il tricolore sopra tutte le altre bandiere. Unica particolarità: le quattro campionesse sono tutte di colore. Nulla di cui stupirsi per chi segue l’atletica, dove i tesserati italiani di colore sono presenti e vincenti da anni e in molte discipline. Persino nel calcio un personaggio controverso come Balotelli ha mostrato al mondo una nuova Italia multietnica.

Multietnica esattamente come sono diventati in moltissimi meno anni di storia gli Stati Uniti o le altre grandi ex potenze coloniali europee, con in testa Gran Bretagna, Francia e Portogallo. Quattro atlete di colore su quattro sono sembrate però un po’ troppo non a chi ha – per miseria sua – una vena razzista, ma a chi dichiara di non averla affatto e contrasta quel sentimento di superiorità raziale che purtroppo resta presente, non solo nelle periferie e nei ceti meno informati e benestanti. Le azzurre sono state così ingaggiate a loro insaputa per uno spot contro chi ce l’ha con gli immigrati, e primo tra tutti quel cattivone di Matteo Salvini. Ecco cosa si ottiene a non fare entrare più stranieri dai nostro porti: l’Italia si perde di questi campioni, è stato (in estrema ed edulcorata sintesi) il messaggio diretto al ministro dell’Interno. E giù con una pioggia di frasette buoniste, tutte ovviamente fuori bersaglio. Nella foga di banalizzare ogni tipo di concetto, la gestione dell’accoglienza – pretesa come non era mai stato fatto prima anche con l’Europa – è stata sintetizzata e rappresentata come razzismo, cioè inferiorità delle persone di un colore rispetto alle altre. Un equivoco creato ad arte e rilanciato decine di migliaia di volte, persino dopo il chiarimento dello stesso Salvini che mai nulla ha detto contro gli italiani di colore, nati o naturalizzati nel nostro Paese.

Ma cosa vogliano in effetti quelli che apparaentemente si presentano come difensori delle frontiere aperte è tutt’altro che comprensibile. Il bersaglio politico, è chiaro, è il modello Salvini, ma cosa si proponga in alternativa è talmente assente o confuso da rendere necessario un accostamento di quattro ragazze italiane a un tema tragico come l’immigrazione lasciata per troppi anni senza regole, strumentalizzando – stavolta sì – il colore delle atlete. Sarebbe bene andarci sulla rete per vedere che razza di dibattito ne è nato, confondendo le acque tra odioso razzismo e necessaria regolazione degli accessi sul territorio nazionale, fino alle accuse di crimini contro l’umanità per le navi delle Ong strappate al loro ruolo di taxi dall’Africa verso l’Italia mentre i barconi lasciati partire da Libia e Tunisia affondano con il loro carico umano.

L’apparente buonismo è diventato in questo modo il pretesto per un’ulteriore radicalizzazione delle tifoserie: chi sta con Salvini e chi lo vede come un moderno Hitler italiano, allontanando invece di avvicinare una riflessione onesta e non pretestuosa sull’integrazione oltre che sull’accoglienza. Un’occasione sprecata – l’ennesima – in nome dell’antichissima moda italica di dividerci su tutto, rinunciando a unire le forze per risolvere i problemi. Guai che ci sono, così come ci sono persone che hanno un animo razzista e che vanno isolate e condannate per questo. Ma facendo passare per razzista chi non lo è, alimentando con ogni artificio le polemiche, si diluisce la gravità del fenomeno, facendo il solletico a finti razzisti come Salvini, mentre i razzisti veri possono dilagare sulla rete.