Si prendono a cazzotti per spartirsi le Regioni, ma contro lo Stato le destre picchiano insieme. E senza timore di sfasciare tutto. Arrivati alla stretta sull’Autonomia differenziata, i partiti che sostengono il governo si aggrappano a una delle poche cose che li unisce: la devastazione del Paese. Alla faccia della Patria di cui Fratelli d’Italia si riempie la bocca, o della solidarietà promessa da Lega e Forza Italia al Sud per rastrellare montagne di voti.
La norma infatti è pestilenziale per le aree più povere, peraltro già allenate ai futuri sacrifici con tagli miliardari. Dietro il bel titolo del provvedimento – a chi non piace l’autonomia? – si nasconde un calo imponente dei trasferimenti pubblici verso le regioni più in difficoltà su lavoro, ospedali, welfare e trasporti. Il principio di fondo sta nel lasciare più risorse ai territori che le generano, riducendo i trasferimenti al fondo nazionale di perequazione. Così curarsi in Piemonte o in Veneto sarà forse un po’ più facile, ma fare lo stesso in Calabria o in Sicilia diventerà impossibile.
Per farci mandare giù la pillola, il ministro Calderoli che dirige la partita ha allungato il brodo, evitando l’errore di un colpo secco ai bilanci dei governatori. Presto o tardi, però, il meccanismo renderà irreversibili i suoi danni. Per questo le opposizioni sono sulle barricate. Quello che non si capisce, invece, è come facciano a sostenere questa legge spacca-Italia gli eletti al Centro e al Sud nelle liste di Meloni e compari. Signori che tra gli interessi degli elettori e quelli dei partiti non hanno dubbi: si fanno gli affari propri.