Gentile direttore Pedullà, sono un piccolo commerciante di ferramenta di Roma, con la mia attività nel quartiere africano, bistrattato da tutti: dallo Stato che non mi considera proprio (supero gli 85mila euro di fatturato) alle tante persone secondo cui le aziende della mia dimensione evadono le tasse! Da quando è iniziata la guerra ho avuto aumenti di ogni tipo: dai materiali alle luce, e oggi anche dell’affitto, perché l’indice Istat è salito del 7,4%, e questo concretamente significa che pagherò 3.140 euro di pigione invece che i 2.740 di prima, con una maggiorazione di 430 euro. Se vogliamo capirci meglio, dovrò dare al proprietario del mio negozio 120 euro al giorno, che per un’attività come la mia è tantissimo! Come società pago le bollette di luce e telefono molto più di un privato. E non parliamo della tassa sui rifiuti. Per 60 metri quadri pago 400 euro a semestre, buttando carta e cartone, tra l’altro riciclabili, e senza mai vedere l’ombra di un netturbino che spazza la mia strada. Converrebbe chiudere, ma dopo le riforme Bersani e Monti la mia licenza non vale più niente, nonostante il negozio sia stato pagato 150mila euro nel 2004. E in più, se un’attività di ferramente vuole aprirmi vicino, lo può fare! Però i balneari, i tassisti e tante altre categorie sono protette. Perché a noi piccoli imprenditori non ci aiuta nessuno? Spero che vorrà darci voce.
di Patrizia De Bortoli
E io le do voce senz’altro. Anche perché il governo dice di fare tanto per le imprese, ma io mi fido più di lei.
Gaetano Pedullà