Tutto si può dire degli imprenditori, e di quelli italiani a maggior ragione, spesso abituati a privatizzare i guadagni e socializzare le perdite, ma certo non li si può accusare di essere gufi. L’imprenditore deve essere per sua natura ottimista nel successo della sua azienda, nella capacità di creare benessere per sé e per i suoi collaboratori. Sentire perciò il presidente della Confindustria Squinzi fortemente critico, nonostante gli ultimi dati sulla disoccupazione in calo, sbaraglia ogni dubbio: il Paese non si è rimesso in marcia. Se il Governo esulta per i miglioramenti da prefisso telefonico di Pil e occupazione, l’Italia vera ha poco da festeggiare. Quelle che erano state annunciate come riforme epocali, a partire dal Jobs Act, si stanno dimostrando per quello che sono: compromessi al ribasso, incapaci di suscitare lo shock che serve a far ripartire sul serio fiducia e consumi, produzione e lavoro. Rivediamo comunque il segno positivo, rivendica il premier. Ma qui il merito è più del petrolio sotto i 40 euro e dei soldi della Bce, piuttosto che dei pallidi provvedimenti di un rottamatore abile a frantumare prima di tutto le proprie promesse.
L'Editoriale