L'Editoriale

Le strade per la Pace a Kiev

Il "coraggioso popolo ucraino" vince il premio Sacharov 2022, assegnato dal Parlamento europeo.

Ieri avevamo tifato anche noi per l’assegnazione del Premio Sacharov a Julian Assange, simbolo del giornalismo messo in gabbia dal potere, e regolarmente abbiamo perso, perché il Parlamento europeo ha scelto Volodymyr Zelensky, usando come paravento un generico riferimento al “glorioso popolo ucraino”.

Ora non ci sfiora l’idea che il capo del governo di Kiev sia il cattivo e Putin senza colpe sulla guerra, come va dicendo un Berlusconi senza più freni inibitori, ma se si è arrivati al disastro in cui siamo, devono esserci stati sbagli da una parte e dall’altra.

Perciò un premio culturale dovrebbe aiutare non tanto a capire in che campo si gioca – che questo ciascuno lo sa – ma a riallacciare il dialogo cominciando dal capire dove si è sbagliato. Un metodo sostituito da una micidiale semplificazione: se si sta con l’Occidente si deve volere solo la resa di Putin, e se si sta contro, sono affari degli ucraini sotto le bombe.

Manca, come sempre, la capacità di cercare altre strade, dirette alla Pace e non a definire prima chi ha torto o ragione. Dunque le parole con cui ieri Giorgia Meloni ha rassicurato sulla sua adesione al fronte Atlantico servivano ad isolare le farneticazioni dell’alleato di Forza Italia, ma non a disinnescare per quanto possibile il conflitto.

Perché nel fronte Atlantico, dove è chiaro che siamo, possiamo starci da camerieri dei leader guerrafondai oppure con proposte coraggiose, tipo sospendere le sanzioni in cambio dell’inizio di una trattativa tra i belligeranti. E cercare queste strade non significa affatto tradire l’Occidente.