L'Editoriale

L’economia di guerra ha vinto: Gino Strada lo aveva detto

“Abolire la guerra” non è una bandiera per anime belle: è un dispositivo politico, verificabile nei fatti.

L’economia di guerra ha vinto: Gino Strada lo aveva detto

Ieri, 13 agosto, abbiamo ricordato Gino Strada. Quattro anni che sembrano cento: lo dice lo scarto fra la sua grammatica della cura e il lessico aziendale con cui oggi si discute di guerra. Si parla di filiere e rendimenti; si invoca una “sicurezza” che esige più armi, più segretezza, meno diritti; i tiranni cambiano profilo a seconda degli interessi, e Netanyahu passa per amichevole discolo.

Strada, con la precisione di chi ha suturato corpi, ci lasciò istruzioni semplici: “Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire. Soltanto dei cretini potevano pensare di continuare a fare guerre in giro per il mondo senza che questo avesse delle ricadute sull’Europa e sul nostro Paese. Purtroppo i cretini ci sono e sono spesso in posizioni molto alte nella società”. “I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi”. “La guerra rappresenta la più grande vergogna dell’umanità”.

Queste non sono frasi fatte: sono un metodo di lavoro, che chiede di guardare la realtà dal punto di vista delle vittime, far coincidere il diritto con la pratica, rifiutare l’ipocrisia delle parole che disinfettano i crimini. In questi quattro anni, mentre il fronte scivolava verso l’economia di guerra, la politica ha smesso di nominare l’abolizione della guerra come progetto; l’ha sostituita con la “gestione del conflitto”, cioè con l’arte di farlo durare. Il risultato è un impoverimento culturale che diventa sociale: più spesa militare, meno scuola e sanità; più propaganda, meno verità; più paura, meno comunità.

Ricordare Strada non significa santificarlo. Significa prendere sul serio la sua proposta e farne un criterio per giudicare alleanze, bilanci, notizie. “Abolire la guerra” non è una bandiera per anime belle: è un dispositivo politico, verificabile nei fatti: evacuazioni, diplomazia, trattati, investimenti sulla cura. Se ieri abbiamo detto “ciao Gino”, la risposta è provarci: non è facile; l’alternativa è un secolo di regressione. E il conto, alla fine, lo pagano gli ultimi.