Che lingua biforcuta che hanno questi zombie della Commissione europea. Un attimo prima minacciano l’Italia perché la Manovra economica non è sufficientemente punitiva, un momento dopo chiedono a tutti di abbassare i toni delle polemiche susseguenti e appena la situazione si placa gettano nuova benzina sul fuoco accusando il nostro Governo di non mantenere la parola. Roba da matti, soprattutto se si pensa all’effetto di questa tarantella sui mercati. Certo, nel caso di Juncker potrebbe trattarsi dell’effetto di qualche bicchiere di troppo. Ma nella sostanza stiamo assistendo a una partita dove in ballo non sono tanto i conti pubblici di Roma, quanto le munizioni con cui si andrà in primavera allo scontro della vita, quando torneremo alle urne per eleggere il Parlamento di Strasburgo. A differenza di tutte le altre tornate – ed è per questo che l’appuntamento è delicatissimo – stavolta a sfidarsi non saranno tra loro le tradizionali famiglie politiche (socialisti, popolari, ecc.) che alla fine un accordano lo trovano sempre, ma invece il blocco di tutta la vecchia politica da una parte e il fronte populista e sovranista dall’altra. Una semplificazione mai vista, provocata dagli effetti distorti di una globalizzazione pensata male e gestita peggio, col risultato di aver spalancato la forbice tra pochi ricchissimi e molti poverissimi. Uno scenario che ha fatto alzare ovunque un forte vento del cambiamento, di cui i vecchi poteri sono terrorizzati. Per questo lo stress è alle stelle e non c’è dubbio che Juncker e il sistema che rappresenta venderanno cara la pelle.
L'Editoriale