L'Editoriale

L’inutile guerra a Bettino

Un Paese che guarda avanti utilizzando gli occhiali del passato. E per questo sbatte regolarmente la testa al muro. Non bastassero i problemi che abbiamo, se per un giorno non c’è motivo di polemizzare e di dividerci, ecco che lo costruiamo in quattro e quattr’otto, a costo di spostarci con la memoria alla tangentopoli di trent’anni fa, al fascismo e se serve persino all’assassinio di Giulio Cesare e a Roma incendiata da Nerone. Ieri così abbiamo assistito alle vibranti proteste dei soliti campioni dell’onestà, velocisti dell’indignazione sulla minima sbavatura al politicamente corretto, disperati per la decisione del sindaco di Sesto San Giovanni di intitolare una strada a Bettino Craxi. Il segretario socialista fu il più sofferto avversario politico della Sinistra comunista che monopolizzava le urne nel Comune già allora definito la Stalingrado d’Italia. Nella sua visione di un socialismo moderno, sulla falsa riga di quello francese che aveva inghiottito il comunismo, il segretario Psi rischiò seriamente di fagocitarsi D’Alema e compagni prima di essere spazzato via con quasi tutto il sistema dei partiti della Prima Repubblica. Una stagione per la quale le condanne giudiziarie sono state tutte eseguite, mentre restano pendenti le recriminazioni politiche. Per questo ancora oggi ci sono forze politiche che non riescono a dialogare tra loro, anche quando c’è da fare il bene del Paese. Una follia che si cura solo con gesti di distensione come quello di Sesto San Giovanni, professionisti dello scontro ad ogni costo permettendo.