Alzi la mano chi pensa davvero che l’idea di farsi risarcire dallo Stato sia venuta ai migranti della nave Diciotti. D’accordo che molti dei disperati in arrivo sulle nostre coste fanno parte della classe media di Paesi africani e asiatici poverissimi, tutti forniti di telefono cellulare e in grado di pagare agli scafisti cifre favolose se paragonate al reddito pro-capite degli Stati di provenienza. Ma la conoscenza del nostro sistema giuridico e la trovata di chiedere un indennizzo per il divieto di sbarcare è farina di ben altro sacco.
Salvini ha già risposto con una risata e vedremo se vorranno processarlo pure per questo. Ma sulla faccenda non c’è solo da ridere. Primo perché i 41 eritrei che adesso pretendono fino a 71mila euro ciascuno, con i nostri tribunali questi soldi rischiamo pure di darglieli. Ma c’è un secondo aspetto più inquietante. Il fatto che questi migranti, quasi subito fuggiti dai centri d’accoglienza, trovino chi li indirizzi verso una causa nientedimeno che allo Stato, facendogli firmare le carte necessarie e sicuramente anticipando i costi, è la prova di un fiancheggiamento degli sbarchi anche qui a casa nostra.
Accanto a chi pretende giustamente che non si sacrifichino vite in mare, c’è chi vorrebbe un’accoglienza senza limiti. Pensiamo solo all’effetto della notizia di un risarcimento una volta all’orecchio di milioni di africani. Mentre il Governo, con la piena lealtà dei 5 Stelle, spedisce con fatica un segnale di chiusura dei porti, a qualcuno invece piace suonare il piffero per attirare gente e creare nuove tensioni. Uno schiaffo ai gialloverdi? No, all’Italia.