Prendiamo uno stereotipo del giovane di oggi, che se impara qualcosa lo fa solo attraverso i social sul telefonino. Tra mille video idioti, ha trovato in questi giorni tre notizie vere, una più inquietante dell’altra. La prima è che il super boss Messina Denaro aveva più amanti che carabinieri a dargli la caccia. Ma sono le altre due, se possibile, ancora più grottesche e unite da un unico filo: fare show sulla mafia paga.
Da una parte c’è infatti la preside diventata famosa per la denuncia dei clan, e che in realtà puntava solo a trarne vantaggi, e dall’altra il giornalista Giletti, per anni in tv a condannare i boss mentre adesso entra ed esce dagli uffici dei magistrati. Sul motivo non abbiamo molti elementi, se non che il suo programma è stato cancellato, e a quanto trapela, gli inquirenti sospettano di accordi, persino economici, con personaggi che sono stati e forse sono tuttora legati alle cosche criminali. Lo stereotipo del giovane può fare dunque questa sintesi: la mafia che uccide è una storia del passato, e chi ci guadagna sopra sono giusto quelli che ne parlano. D’altra parte, già una quarantina d’anni fa Leonardo Sciascia denunciava i professionisti dell’antimafia, che purtroppo c’erano e ci saranno.
Ma oggi c’è un rischio in più: che passi l’idea di una criminalità da operetta, più romanzata che in carne e piombo di pistola. Esattamente ciò che serve ai colletti bianchi delle mafie moderne per continuare i loro traffici indisturbati, macinando affari e vite mentre nel fascio di luce c’è spazio solo per certi personaggi d’avanspettacolo.