L'Editoriale

L’umanità non si butta a mare. I diritti umanitari non sono un costo ma anche un dovere

Quando si parla di crescita del Paese il pensiero corre subito all’economia, e ancor di più in questi giorni in cui si sta definendo la Manovra finanziaria, alle tasse (che quest’anno sono molte meno rispetto ai tagli fiscali) e al lavoro. Tutto giusto, ma crescita è anche superare l’ipocrisia con cui da tre anni nascondiamo la polvere sotto al tappeto per frenare l’invasione dei migranti. Il problema era di dimensioni spaventose fino al 2017, quando si produssero gli effetti degli accordi con la Libia sottoscritti per l’Italia dall’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti.

Proprio grazie a questo memorandum gli arrivi sono scesi da 107.212 del ‘17 a 2.772 fino ad ora in quest’anno. Questo risultato, di cui si vanta molto Matteo Salvini, ha però un prezzo: noi finanziamo con soldi pubblici la Guardia costiera libica che fa da tappo, mentre chi resta a terra viene trattenuto dai feroci capi tribù (qualcuno li ha definiti sindaci, ma l’accostamento con la nostra idea di primi cittadini è del tutto fuorviante).

Centinaia di migliaia di persone finiscono così in drammatici lager, da dove la prospettiva di naufragare e morire in mare è una liberazione rispetto alle sevizie che subiscono nelle celle, e da dove è difficile uscire vivi se non c’è qualcuno che paga un riscatto. Preoccupati dalle dimensioni del fenomeno migratorio, abbiamo perciò chiuso non un occhio, ma tutti e due, e fatto finta che centinaia di morti in queste prigioni non siano colpa nostra. Domani però scade l’accordo e il Governo deve decidere se rinnovarlo o meno. Per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non ci sarà nessun cedimento sulla limitazione che il Governo Conte1 ha perseguito sugli sbarchi, ma ha promesso modifiche alle intese di Minniti.

Cosa fare però non è semplice, perché se si rinuncia ai lager, i migranti tornano a partire a fiumi. Un’alternativa possibile però c’è, ed è quella di fare gestire i campi di accoglienza a Nazioni Unite e Ue. I soldi per farlo in parte ci sono, destinando i miliardi stanziati per la cooperazione, e altri se ne possono trovare nei bilanci di Europa e Onu, se solo crescerà la consapevolezza che i diritti umanitari non sono un costo ma anche un dovere è un’opportunità per un Occidente più lungimirante che generoso.