L'Editoriale

Meglio camerieri che servi

Meglio camerieri che servi

Ci sono molti modi di fare la cameriera, o il cameriere. C’è chi si spezza la schiena per portare a casa il pane. E chi se ne sta su comode poltrone, anche in Parlamento, svolgendo l’unica funzione di attaccare l’asino dove vuole il padrone. I primi pagano il prezzo della loro dignità, i secondi incassano per averla svenduta.

Dunque dare a qualcuno della cameriera, come ha fatto ieri Sgarbi rivolgendosi alla Raggi, non implica necessariamente un’offesa, anche se l’intenzione non era certo di farle un complimento. Il dibattito politico – si dirà – è sceso da tempo a livelli primordiali, e chi insulta si qualifica da sé, soprattutto se ha finito gli altri argomenti, e allora una parolaccia o un’allusione sono le soluzioni più facili per buttarla in caciara.

Mi capita spesso in tv, soprattutto se infrango certi luoghi comuni: i 5 Stelle sono incapaci, Conte è il peggior premier della storia, la sindaca di Roma ha fatto più danni dell’uragano Katrina. Opinioni legittime tanto quanto quelle diametralmente opposte, con due aspetti però differenti. Partiamo dal più evidente: chi scarica ogni genere di livore su Governo e 5S è lasciato generalmente libero di farlo, e può andare avanti con autotreni di bugie senza che nessuno interrompa o puntualizzi, mentre se è l’opposto, la contestazione o la parolaccia sono immediate.

Meno visibile ma non meno determinante è però l’altra caratteristica dei distributori a senso unico di ingiurie e corbellerie: o hanno una tessera di partito o sono al servizio di qualche editore. Ma non chiamateli camerieri, che i servi si offendono.